lunedì 22 settembre 2008

Vita in spiaggia: Polignano anni '30

"Almeno nel caso nostro, il "top" dei costumini non nasceva da esigenza di castigatezza. Li faceva sulla sua Singer nostra madre in dimensioni giuste per ciascuno di noi. Preferiva quella soluzione semplicemente perché non fossimo tormentati da un elastico alla cintola.
Per quel che ricordo i maschi adulti erano in "topless". Posso solo aggiungere che Pasquina L'Abbate veniva sulla spiaggia in costume da bagno con gonnellone. Lo fece anche quando venne a trovarci a La Spezia, meravigliosamente incurante delle facce stupite dei bagnanti che evidentemente si chiedevano: "Ma questa, da quale montagna scende?" (supponendo, va da sé, che fosse almeno l'Everest quella montagna).
Pudicizia e fede!"

"La spiaggia ove siamo noi tre in fotografia è, ovviamente, quella di San Giovanni, spiaggia, come si diceva allora, "privata", cioè in concessione per un modesto canone versato all'erario, con possibilità di costruirvi su stabilimenti balneari da far usare al pubblico pagante.
Il concessionario era un omone molto grosso, ancor più muscoloso e, se possibile, d'aspetto ancor più tremendo per via di un'irsuta barbaccia. Si chiamava Sergio De Cillis, comunemente detto Seriuccio. Molto irascibile, contro chiunque osasse entrare da terra o da mare nella "sua" spiaggia senza pagare il biglietto, la difendeva con le unghie e con i denti (ma soprattutto con le mani e con i piedi). Il fatto triste per lui è però che quelli venivano a consumare l'abuso in tanti, sicché, nonostante il soccorso prestato dai numerosi nipoti, finiva che Seriuccio ne buscava sempre. I nipoti del resto erano quasi tutti ragazzi terribili che si divertivano a provocarne l'ira funesta. Probabilmente fu Teodosio, il più discolo, quello che una volta gli preparò una buca di proporzioni colossali, chiusa da qualche foglio di giornale sostenuto da quattro canne e ricoperto di sabbia in modo tanto perfetto da non far notar nulla. Seriuccio vi sprofondò fino alle spalle. Potete immaginare il seguito!
Sulla spiaggia arrivavamo la mattina con la carrozzella all'ora giusta, per restarci poi tutto il pomeriggio. Da Comes nostra madre comprava qualche panino e la solita gazzosa. Ma soprattutto prima di partire preparava la sua specialità: degli spaghettini al forno con acciughe, capperi, olive e pangrattato, che, perché restassero caldi, chiudeva tra piatti fondi, tenuti fermi insieme da tovaglioli di un tipo particolare (a scacchi rossi e bianchi) che dovevano anche assicurare il conveniente isolamento termico (li rividi molti anni dopo ridotti a stracci). Era un piatto famoso, anche perché piaceva particolarmente ai nostri cugini L'Abbate.
Franchino, figlio di zia Annina, e Ninì L'Abbate, figlio di zia Lucrezia, infatti, erano spesso con noi sulla spiaggia e, fra l'altro, aiutavano mia madre a sorvegliarci, perché era proprio necessario. Una volta, subito dopo il desinare, mi buttai in acqua e mi stavo allontanando pericolosamente fra le grida di nostra madre. Venne ad acchiapparmi Franchino. La temuta congestione, ad ogni modo, non ci fu né per lui, né per me. Di Ninì ricordo invece un particolare che mi fece forte impressione. Era in cabina con me mentre ci cambiavamo dopo il bagno. Mi voltava le spalle e mi aveva detto di voltargliele. Io disobbedii, ovviamente. La sera dopo, non potei resistere alla tentazione di far sapere a Guido che il pelosissimo Ninì aveva i peli, neri e ricciolini, perfino sul "culetto".
(Zio Silvio)

Nessun commento: