giovedì 11 settembre 2008

zio Silvio

Sempre Stefania mi invia questa foto di mio padre.
Quanti anni aveva? Non lo so, ma presumo poco più di venti, forse anche qualche anno meno. Che capelli nerissimi folti e lucenti... gli stessi che aveva a poco meno di cinque anni nella foto dei fratellini in spiaggia!
Sembra quasi un bel giovane, ma si sa, né l'eleganza né l'avvenenza sono stati il suo forte, e pensare che la nonna ricordava come da piccolo volesse indossare camicine di seta (altrimenti erano strilli) e come fosse sempre allegro. Non ci si può credere, io l'ho sempre conosciuto come persona un po' melanconica e immersa nei fatti propri, certo non un estroverso. Mi hanno sempre detto che lo ha cambiato la guerra (vissuta da bambino su uno dei fronti più duri della resistenza).
Forse non era una stramberia di un nonno paternalista prefigurare per questo figlio dagli occhioni tristi una carriera in diplomazia, ed iscriverlo a forza alla facoltà di Scienza Politiche più apprezzata in Italia, quella di Firenze. Forse sperava che il bambino allegro ed elegantone sarebbe riemerso, e così spedì il secondogenito a Firenze e ne fece un povero docente universitario... in compenso gli fece incontrare una bella olandesina e tutto il resto è storia.

«Correva l'estate del 1951. Avevo 18 anni. Ne avrei compiuti 19 il 12 dicembre successivo.
Ebbi la faccia di presentarmi all'esame di licenza liceale con quella barbetta e quei baffetti (cresciuti, gli uni e l'altra, fra il maggio e il giugno, nel corso della preparazione: che barba!).
A quei tempi (molto ante 1968), era un'intollerabile stranezza. Eppure fui trattato molto bene: un unico sei (ginnastica, il professore più conformista), un otto e addirittura un nove (lo scamiciato professore di storia dell'arte, chissà se pittore bohèmien...) e a tutte le altre materie sette (ivi compreso il latino che non ho imparato mai)».
Il tuo vecchio e ormai bianco genitor (già Barbanera)
[zio Silvio, per capirsi...]

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