sabato 24 ottobre 2009

Il vocabolario del velista

Tutti sappiamo che zio Giancarlo è una grande velista: sappiamo anche che ne scrive con passione e competenza. Ecco la sua ultima fatica, nelle parole di Piero Ottone, appassionato velista a sua volta:

"Gli italiani e il mare: un bel tema, senza dubbio. A cominciare dalle antiche glorie, quando i nostri velieri carichi di mercanzie navigavano lungo le coste del Mediterraneo fino a Gibilterra, e la superavano per veleggiare verso i mari del Nord; oppure risalivano l’Egeo, i Dardanelli, il Bosforo, il Mar Nero, fino al Mare d’Azov, nonostante il vento prevalente dal Settentrione: mi chiedo come potessero navigare in tempi relativamente brevi lungo gli stretti senza propulsione meccanica. Alle imprese mercantili si aggiungevano le glorie guerresche, contro i turchi, contro i corsari. I popoli liberi amano il mare: e noi eravamo liberi. Poi sono venuti i secoli della decadenza: abbiamo perso la libertà e abbiamo perso l’amore per il mare. Ebbene: il linguaggio ha rispecchiato le varie fasi del nostro rapporto col mare. Quando lo amavamo parlavamo da marinai, e addirittura esportavamo il nostro idioma frai popoli del Mediterraneo: i turchi adoperano ancora adesso termini imparati da noi. Poi siamo diventati contadini: e l’idioma marino lo abbiamo dimenticato.
La risalita, cioè la riscoperta del mare è cominciata nella seconda metà dall’Ottocento: abbiamo intrapreso una grande rincorsa, per metterci al passo con le altre nazioni europee. Navi mercantili e navi passeggeri che battevano la nostra bandiera hanno di nuovo solcato gli oceani. Abbiamo raccolto nuove glorie. Ero ragazzo quando il Rex si fregiò del Nastro Azzurro. Nel periodo fra le due guerre i nostri transatlantici erano fra i più belli del mondo. E abbiamo anche cominciato a coltivare il diporto del mare, prima timidamente (anche se il duca degli Abruzzi, un secolo fa, andava a vincere regate in Francia), poi con una certa baldanza. Nel 1879 è stato fondato a Genova il primo yacht club, sul modello di quelli che erano sorti in Irlanda, in Inghilterra e in tutta l’Europa: altri club sono poi stati fondati a Napoli, a Palermo, a Trieste. Nella seconda metà del Novecento, infine, si è introdotto anche da noi, con l’èra della vetroresina, lo yachting di massa. Con grande soddisfazione per tutti: il ritorno sul mare si completava, dando vita a uno sport popolare, come era già avvenuto nell’Europa progredita.
Con qualche pericolo. L’amore per il mare nasce da solo, per miracolo, come tutti gli amori. Ma non si diventa (o dovrei dire, pensando al nostro passato, che non si ridiventa) marinai da un giorno all’altro. Pur sapendo, ben inteso, che marinaio perfetto nessuno lo diventa mai. Il linguaggio è elemento essenziale per avvicinarsi alla perfezione: è garanzia di sicurezza e segno di eleganza. E’ anche segno di appartenenza: gli uomini di mare, parlando lo stesso linguaggio, sentono di appartenere allo stesso mondo, diverso da quello di chi vive e lavora sulla terraferma. Ciò dà luogo a una solidarietà di fondo, la stessa che si percepisce sulle unità della Marina militare, per esempio, fra ufficiali e marinai. D’altra parte, l’uso improprio dei vocaboli può dare luogo a equivoci talvolta pericolosi.E frequenti fra i neofiti dello sport marinaro sono i segni di cattivo gusto. E’ ridicolo chiamare dinette il luogo della nave o dello yacht in cui si pranza. E’ fuori luogo parlare di spazio giorno e spazio notte, come se lo yacht fosse una villetta in collina, con sale e salotti. Il termine bagno è assurdo per definire il gabinetto, a meno che non vi sia un bagno davvero (gli inglesi, elegantemente, lo chiamano head). Certe definizioni, oltre tutto, sono altrettanto buffe quanto l’immagine ormai obbligatoria della ragazza in bikini che non manca mai, negli annunci pubblicitari, sulla prua degli yacht a motore, con una gamba distesa e l’altra piegata ad arco (simbologia del nostro tempo).
Al principio era il verbo. Saremo di nuovo marinai presentabili quando impareremo a parlare di nuovo da marinai, come in tempi lontani. In questo tentativo di recupero, il dizionario di Giancarlo Basile costituisce una pietra miliare."
Piero Ottone

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